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Per la prima volta in Italia stiamo sperimentando un modello che rivoluziona il paradigma dell’intervento sociale, e che porta all’attenzione la casa come diritto umano di base.
La scommessa si chiama Housing First, ed è stata raccolta da un gruppo di “coraggiosi”. Le oltre 50 organizzazioni pubbliche, private e del privato sociale, che da Milano a Siracusa, hanno aderito al network Housing First Italia, promosso e coordinato da fio.PSD.
Ne parliamo con Alice Stefanizzi, Direttore Raccolta Fondi di Progetto Arca, e con Marco Iazzolino, Direttore del Network Housing First Italia e membro del Comitato Scientifico di Progetto Arca.

L’Housing First prevede che la persona passi direttamente dalla strada alla casa, senza obbligo di seguire trattamenti sanitari o di disintossicazione. E’ una scommessa importante, e un grande atto di fiducia verso la persona…

Alice Stefanizzi – E’ vero, ma la fiducia è il punto di partenza di ogni forma di aiuto, anche quando offri solo un posto letto in dormitorio.

Non a caso in alcuni paesi, come Svezia e Danimarca, l’affitto degli appartamenti in Housing First viene sostenuto dal servizio sanitario nazionale, proprio come le medicine.

La pratica dell’Housing First nasce in Nord America, un contesto molto diverso da quello del nostro Paese. In cosa si contraddistingue l’approccio italiano?

Marco Iazzolino – Per prima cosa, nei destinatari del servizio. Negli Stati Uniti l’Housing First interviene su un target molto circoscritto, rappresentato quasi esclusivamente da homeless cronici e con problemi di salute mentale. In Italia, dove questa componente è residuale, stiamo sperimentando l’Housing First su una molteplicità di target: famiglie con minori, migranti e i cosiddetti “nuovi poveri”, ovvero tutte quelle persone che sono finite in strada dopo una separazione, una malattia o con la perdita del lavoro.
Poi, gli strumenti. L’Housing First americano, occupandosi di soggetti psichiatrici, si avvale di personale medico-sanitario, in Italia coinvolgiamo soprattutto équipe educative, con la funzione di facilitare la persona ad integrarsi nella comunità di riferimento. Un aspetto, questo, su cui puntiamo molto…

E’ in corso la sperimentazione a livello nazionale del programma Housing First, promossa da fio.PSD. Puoi farci un bilancio di questo primo anno di attività?

Marco Iazzolino – Già solo il fatto che 57 organizzazioni a livello nazionale abbiano aderito alla sperimentazione, investendoci risorse proprie, è un dato di successo. Altrettanto positivi sono i primi risultati:

Ma l’aspetto più interessante è il cambiamento culturale, in atto all’interno delle organizzazioni del network. La stragrande maggioranza offre un servizio di accoglienza in dormitorio, e continuerà a farlo. Ha capito, però, che non può bastare. Si è aperta la strada alla discussione su modelli di contrasto alla povertà, che guardano all’homelessness non più solo in termini di pasti e di posti letto distribuiti. Un cambiamento di paradigma inimmaginabile fino a due anni fa.

Anche Progetto Arca ha aderito alla sperimentazione con tre appartamenti indipendenti. Quali programmi avete per il futuro?

Alice Stefanizzi – Di certo, ampliare il numero di appartamenti in Housing First e investire nella formazione delle nostre équipe. Poi, sviluppare le collaborazioni giuste sul territorio. Serve che chi ha case le metta a disposizione (c’è ancora molta reticenza da parte dei proprietari), che chi è in grado di costruire un’equipe efficace e multidisciplinare si faccia avanti, e che chi ha capacità logistiche e organizzative faccia sinergia con tutti gli attori coinvolti. E, naturalmente, è indispensabile che le istituzioni siano al nostro fianco. Già sta accadendo…
Le Linee di Indirizzo per il contrasto alla grave emarginazione, stese da fio.PSD con il Ministero delle Politiche sociali e 12 città metropolitane, spingono per la prima volta a puntare su modelli innovativi. Uno su tutti, l’Housing First.

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