Donne e giovani, i nuovi poveri. Sono soprattutto loro a chiederci aiuto

Intervista a Michela Ottavi di Progetto Arca, coordinatrice della distribuzione di aiuti alimentari a persone e famiglie in difficoltà sulla città di Roma.

Dai 50 nuclei di marzo 2020 - spiega Michela, referente dei servizi di Progetto Arca nella Capitale - siamo passati a 500 famiglie che sosteniamo ogni mese con pacchi viveri, prodotti per la prima infanzia e contributi per la spesa.

A Roma la distribuzione, che avviene in 5 sedi e a domicilio per gli anziani e le persone con particolari fragilità, copre i Municipi XIII, XIV e XV ed è svolta anche grazie al contributo di Roma Capitale e ad un lavoro capillare sul territorio, in rete con i servizi sociali, le istituzioni scolastiche e le associazioni di volontariato.

 

Quali situazioni state incontrando?

L’emergenza sociale ha creato nuove povertà e accentuato drammaticamente quelle esistenti. Possiamo parlare di vite divise tra un prima e un poi.

L., uno dei nostri beneficiari, per 20 anni ha lavorato in un grande magazzino e si è visto chiudere i cancelli all’improvviso. Da quel giorno non riesce più a dormire. Ha due figli che vivevano come i nostri e che oggi hanno dovuto imparare che non è scontato avere il cibo che si desidera sulla tavola. È stata la moglie ad avvicinarci per chiedere se potevamo aiutarli nella spesa.

Nell’esperienza che stiamo facendo, sono quasi sempre le donne a superare la vergogna di doversi rivolgere ai servizi di assistenza, spinte dalla disperazione di non poter neppure sfamare i propri figli.

 Pacchi viveri consegna 3

 

Chi sono oggi i più vulnerabili?

Al nostro centro di distribuzione incontriamo donne, uomini, giovani, anziani, italiani e non.

Persone come N., 26 anni, che prima della pandemia lavorava come badante per una signora anziana e faceva da baby sitter a dei bambini: ora neanche loro hanno più i soldi per poterla pagare.
O come P., 41 anni, che mi ha confidato la preoccupazione per la figlia che sta male per un ascesso al dente: il problema è che non avevano un pediatra o un medico di base di riferimento.

Agli anziani più fragili come alle famiglie impossibilitate a raggiungerci consegniamo il pacco viveri direttamente a casa. La prima volta in cui siamo andati da M., 81 anni, che vive con la pensione sociale insieme al figlio disoccupato, ci ha subito segnalato una famiglia in difficoltà del suo palazzo, che oggi sosteniamo. Più grande è il bisogno, più forte è il desiderio di condividere, di dare e non solo di ricevere.

 

Dove state riscontrando un maggiore bisogno di aiuto?

Sicuramente dove le povertà e l’emarginazione già esistevano e oggi sono esplose. Quartieri come Largo Sperlonga, il campo rom La Monachina, le case popolari di Primavalle, di Prima Porta, di Bastogi dove non c’è un parco giochi, una farmacia o un supermercato che si possono raggiungere facilmente a piedi, dove è difficile consegnare la spesa perché i citofoni sono rotti e allora avvisiamo del nostro arrivo con i telefoni.

Ma le richieste d’aiuto sono cominciate ad arrivare anche da quartieri più insospettabili: la Cassia, Trionfale, l’Aurelia.

Segno che la crisi sta colpendo famiglie prima al sicuro o quasi. Hanno perso il lavoro, subìto la chiusura di attività commerciali e di produzione, e non sanno che fare con mutui, affitti, bollette, prestazioni sanitarie...

 Pacchi viveri consegna

 

Qual è la preoccupazione più grande?

Il lavoro. Sono soprattutto le donne ad averlo perso e aumentano le richieste d’aiuto da parte dei più giovani (25-34 anni). Stiamo toccando con mano anche un altro dato allarmante: quanto più la situazione economica è compromessa, tanto più le persone sono esposte al ricatto e rischiano di cadere in forme di sfruttamento del lavoro.
Dopo un anno e mezzo di pandemia il presente per sé e per i propri figli è fonte di apprensione continua, al futuro si preferisce non pensare proprio: fa ancora più paura.

 

Che aiuto state dando alle famiglie?

La continuità del servizio ci ha permesso di creare una relazione con i beneficiari e di attivare attorno a loro reti e risposte che vanno al di là del sostegno alimentare.

Oggi, grazie a un lavoro di squadra con istituzioni sanitarie e sociali del Municipio, P. ha un medico di base e un pediatra per i suoi figli, diritti di cui non conosceva neppure l’esistenza.
La signora M., con il nostro supporto, è riuscita a prenotare on line il vaccino e abbiamo aiutato il figlio a presentare la richiesta per il reddito d’emergenza.
Siamo in contatto con l’Ufficio scuola del Municipio XV per dare la possibilità a N. di inserire il proprio bambino nelle graduatorie della scuola da cui era stato escluso per mancanza di posti. Vorrà dire per N. avere il tempo di cercare un lavoro e garantire il diritto all’istruzione e alla socializzazione del suo bambino.

La povertà costruisce tante gabbie: la prima è l’isolamento. Con la spesa che consegniamo spezziamo il cerchio della solitudine, intercettiamo e proviamo a rispondere a bisogni urgenti e tante volte inespressi.

Siamo orgogliosi di quanto stiamo facendo ma consapevoli che dobbiamo fare ancora di più, per costruire una comunità in cui nessuno si senta o venga lasciato solo.

 

 

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