Le sirene degli allarmi antiaerei hanno svegliato Angelina, 8 anni, anche quando, ormai al sicuro, non poteva sentirle più. “Brutti sogni”, spiega Mariia, la mamma.
Nel soggiorno della casa di Milano dove vivono, si presenta così: “Ho 42 anni, sono separata e ho quattro figli. Tre anni fa siamo scappati dalla guerra. Il maggiore si è arruolato volontario ed è rimasto là”.
Là è Černivci, città dell’Ucraina occidentale, dove dall’inizio del conflitto Progetto Arca sostiene una mensa sociale per profughi e sfollati di guerra.
Prosegue Mariia:
Era come vivere in un incubo. Le sirene giorno e notte, la fuga nei bunker, scuole e negozi chiusi. Avevo paura per la vita dei miei figli.
Il 2 marzo 2022, la partenza. Con solo uno zaino e qualche vestito di ricambio, Mariia sale su un pullman che, dopo due giorni di viaggio attraverso l’Europa, li porta a Milano:
Non sapevo dove stessimo andando, ma sapevo che era la scelta giusta per noi.
Potrebbe raccontare tutto ciò che la guerra le ha portato via, invece ricaccia più volte le lacrime e sceglie di parlare della sua nuova vita qui e delle persone che le si sono strette attorno. Carlotta, l’avvocatessa che l’ha messa in contatto con Progetto Arca. Clelia, che l’ha accolta in uno dei centri dove abbiamo dato protezione a centinaia di donne e bambini in fuga. E Nicola, che le ha aperto la porta di un nostro appartamento per famiglie in difficoltà. Tanti aiuti, che da soli non sarebbero bastati: la differenza l’hanno fatta il suo impegno e uno spirito di adattamento fuori dal comune.

Un pezzo alla volta, Mariia sta rimettendo insieme la sua vita. Oggi lavora come cameriera in un ristorante e ha appena concluso un corso per manager di sala. David, 19 anni, fa il pompiere e con i primi guadagni le ha regalato un abbonamento in palestra. Mariian, 10 anni, va a scuola e gioca a calcio e Angelina ha smesso di fare incubi: i suoi disegni sono pieni di arcobaleni e giardini fioriti. Anche Valentin, il figlio maggiore, è riuscito a raggiungerli. Porta addosso le ferite di una guerra che non farà più.
“Anche se ogni giorno sento mia mamma, che è rimasta a Černivci, qui mi sento a casa”, dice Mariia. Poi apre il frigo ed estrae una ciotola di borscht, la tradizionale minestra di barbabietole ucraina, invitandomi a pranzo. “Ti aiuto ad apparecchiare”.