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Una figura esile e delicata che racchiude un cuore e una forza grandissimi. Barbara si divide tra l’Italia e l’India per curare i più poveri tra i poveri della società. Medico del nostro Reparto Post Acute di Milano, che accoglie persone senza dimora dimesse dagli ospedali ma ancora bisognose di cure, è entrata nello staff socio-sanitario di Progetto Arca a marzo dello scorso anno.

Tanti sono gli ospiti, uomini e donne, che ha assistito in questi mesi e che in molti casi hanno lasciato un segno. “Mi ha colpito profondamente la vicenda di una signora cinese di 54 anni, malata oncologica, senza una casa e che non parla una parola di italiano. Quando ha iniziato la chemioterapia abbiamo dovuto raderle i capelli. Non riusciva ad accettare il suo aspetto ed era disperata, così ho avuto l’idea di regalarle dei foulard colorati che le ho insegnato ad indossare e che le piacciono molto. Da quel giorno li porta sempre”.

Reparto medico Post Acute, dove curiamo chi non ha una casa


“Lavorare in Progetto Arca è la cosa più vicina alla mia visione di fare il medico”, dichiara Barbara che, quando non è a Milano, vive a Calcutta dove ha preso parte a diverse missioni umanitarie e dal 2006 fa la volontaria nella Casa delle suore di Madre Teresa. I suoi viaggi si sono interrotti durante questo anno e mezzo di emergenza sanitaria in cui, oltre al lavoro in Reparto, è scesa anche in strada.

A bordo del nostro Camper trasformato in Hub vaccinale mobile, ha aiutato a somministrare il vaccino contro il Covid-19 alle persone che non potevano accedervi seguendo i canali tradizionali perché senza dimora o stranieri privi di tessera sanitaria. “Proprio per la precarietà delle loro condizioni di vita, peggiorate con la diffusione del virus, è stata un’operazione fondamentale di protezione della salute pubblica e individuale.”

Quando chiediamo a Barbara di farci un bilancio della sua esperienza di medico al servizio dei più fragili, risponde: “Con le infrastrutture e le medicine che abbiamo a disposizione in Italia, a Calcutta potremmo senz’altro salvare più vite. Ma le ferite, là come qui, sono le stesse. Mi ha molto colpito visitare pazienti che arrivano con lesioni che avevo visto solo in India, con arti completamente infetti o ferite molto estese”.

Campagna vaccinale
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