Vai al contenuto

Una foto sui social cattura la sua attenzione. Ritrae un senzatetto che dorme sotto una montagna di coperte. A corredo del post, una parola sola: ‘degrado’. Antonio, volontario di Progetto Arca dal 2018, risponde condividendo una foto che ha scattato in Unità di strada, accompagnata da questo messaggio:

Di giorno Antonio fa il direttore marketing di un’azienda che gestisce affitti brevi. La notte si occupa di chi una casa non ce l’ha.

Ho avuto la fortuna di crescere con due genitori che si sono sempre spesi tantissimo per gli altri e che mi hanno trasmesso il valore del cibo e della solidarietà. A Bari cucinavano per poveri e senzatetto e lo hanno fatto finché mia mamma non si è ammalata. Tutti ricordano ancora il suo polpettone…

Raggiungiamo le persone che non possono arrivare alla Cucina mobile, perché hanno difficoltà a camminare o temono di lasciare incustodito il loro giaciglio. In queste settimane stiamo distribuendo anche protezioni contro il freddo: sacchi a pelo, metalline (i teli termici per isolare i cartoni dall’asfalto dei marciapiedi), calze di ricambio. Indispensabili, non bastano mai… Incontriamo persone che ne indossano due o tre paia, una sopra l’altra.

Le persone senzatetto sono visibilmente aumentate, purtroppo, con più giovani e donne rispetto a qualche anno fa. Oggi i principali problemi sono lavorativi e familiari; le dipendenze e i disagi psichici, quando non sono la causa, diventano spesso l’effetto della vita in strada. Più passa il tempo, più è difficile rialzarsi.

Chi associa il degrado ai senzatetto considera queste persone come fallite, improduttive e quindi non meritevoli di riconoscimento sociale. Per questo, spesso, quando si incrocia un senzatetto, si cambia strada o si volge lo sguardo altrove. Le Unità di Strada non distolgono lo sguardo, non cambiano marciapiede. Anzi, calcano quegli stessi marciapiedi dove vivono persone. Perché di questo si tratta. Persone e povertà estreme, sotto casa nostra.

Forse potrebbe interessarti anche:
Il compleanno di Sandro

Storie di cambiamento a Casa Arca degli Esposti

Su 12 ospiti, 11 lavorano già e, dall'inizio del progetto, tre hanno raggiunto l’autonomia abitativa. Intervista a Laura, educatrice per Progetto Arca: “Anche se mi occupo di fragilità, preferisco dire che lavoro con le possibilità”

Casa è mia figlia Angelina che disegna arcobaleni e giardini fioriti

Casa è mia figlia Angelina che disegna arcobaleni e giardini fioriti

"Non sapevo dove stessimo andando, ma sapevo che era la scelta giusta per noi". Tre anni dopo la fuga da Černivci, in Ucraina, è tempo di una nuova normalità per Mariia e i suoi bambini. Via dalla guerra, verso un futuro a colori.

Igor, che dormiva sulla panchina di un parco: “Sono orgoglioso di essermi ripreso la mia vita”

Igor, che dormiva sulla panchina di un parco: “Sono orgoglioso di essermi ripreso la mia vita”

In sette mesi vissuti per strada ha mandato 115 curriculum. “Ai ragazzi che allenavo, ripetevo sempre: si può vincere e si può perdere, l’importante è dare tutto se stessi”